Avrete già capito che, oltre agli articoli che trattano temi aziendali, mi pice anche scrivere su temi che trattano la sfera umana ed emotiva, pur con qualche legame al mondo del lavoro e del sociale.
In queste settimane in cui, un passo alla volta, entriamo, con un’ansia crescente, nell’orrore di questa condizione determinata dal Covid 2019, e in cui ci siamo ritrovati, nostro malgrado, mi sono chiesta quali riflessioni avevo voglia di condividere.
Il mio primo pensiero è andato all’inaspettato, a come l’imprevisto governi costantemente le nostre vite e le ribalti senza preavviso. Al Cigno Nero di cui avevamo già letto, dalla penna di Nassim Nicholas Taleb, quando si era appena abbattuta, sul mondo, la crisi del 2008.
Come fango sugli occhi
Ho un fratello in terapia intensiva e già un paio di conoscenti delle cui esequie si è occupato lo Stato. Non avevamo abbastanza risorse, economiche e strutturali, per fare un tampone a tutta la popolazione e segregare tutti i contagiati, monitorandone gli spostamenti tramite i cellulari, risolvendo la questione in due mesi, come in Giappone. Troppi anni di tagli, alla sanità, alla ricerca, alle attrezzature necessarie, al personale. Troppi anni con numero chiuso a medicina, non perché non servissero medici, ma perché l’Università non era strutturata per un numero più alto di studenti. Troppi anni a non programmare l’istruzione in base alle esigenze della comunità. Troppi anni di cecità. Troppi anni con smarrito il significato di “opposizione di governo”: un’opposizione tesa a denigrare l’altra parte anziché portare in maniera costruttiva, un altro punto di vista, che possa essere integrato, arricchendo la soluzione del problema. Troppi anni, a non tenere in conto, le competenze necessarie a svolgere determinati ruoli. Troppi anni, a non costruire competenze.
Come fango sugli occhi
Così abbiamo, un passo alla volta, fermato le aziende, fermato il Paese. Non potevamo fare altrimenti, viste le premesse. In Italia, siamo più teatrali, ma non crediate che in altri Paesi, in occidente, le cose siano molto diverse: siamo frutti caduti dallo stesso albero.
Come nella crisi del 2008, molte aziende, già in sofferenza, non sufficientemente capitalizzate, non riapriranno più. L’impatto sociale sarà enorme.
Ora siamo tutti in ansia per la salute, nostra, dei nostri cari, ma dopo, lo scenario che ci si presenterà davanti, sarà post bellico. Forse allora si ritroverà quello spirito collaborativo che serve a realizzare grandi opere, a disegnare grandi principi, ad agire per il bene comune, per la collettività.
Pane vivo
Nello scenario post-bellico che ci troveremo davanti, tutti, proprio tutti, avranno capito che l’individualismo, non solo non può vincere, ma danneggiando gli altri, danneggia se stesso.
Una parte del Mondo, aveva già capito che una nuova forma di organizzazione della società doveva prendere corpo, che siamo interconnessi e che solo percependoci come un unico corpo, possiamo far restare in salute “il corpo dell’umanità”.
Spero che questa bastonata che abbiamo preso, perché di una bastonata si tratta, sia un po’ come il bastone del buon pastore, che ci indirizza in un retto cammino, verso il retto sforzo. Spero che questa maledizione che si è abbattuta su di noi, sia fango sui nostri occhi, per ridarci la vista, come nella piscina di Siloe, come nel miracolo di Gesù.
Molte persone sono già pronte per costruire una nuova società. Un nuovo modo di imparare, di crescere, di lavorare e di condividere. Dobbiamo solo aprire gli occhi e abbandonare la paura.
Autore: Rosa M. Mariani – rosam.mariani@pinksolution.it
Consulente per l’industria dell’alluminio e per le industrie correlate | Consulente Aziendale 4.0 | Temporary Manager & Chief Digital Officer | Metodo Digital Building Blocks | Esperta nell’efficientamento di processi organizzativi e di vendita | Engagement Manager grandi aziende e P.M.I. | Mentoring 1-2-1 |
Pubblicato su Linkedin il 23 marzo 2020